Altre attività

Contest

In linea con lo spirito della nostra Agenzia abbiamo organizzato questo concorso fotografico per valorizzare i reportages fotografici ispirati alla tematica sociale. Hanno partecipato fotografi professionisti e non sia italiani che stranieri. Il tema era libero. Al vincitore è stata data la possibilità di affiancare uno dei nostri fotografi in una missione sul campo.

Primo Classificato "MiRelLa": Fausto Podavini

MI-RE-LA è la storia dell’amore di una donna per il proprio marito, ritrovatasi all’improvviso ad affrontare da sola, la più grande difficoltà mai vissuta. E se da una parte i ricordi aiutano, sono proprio i ricordi che dall’altra parte si spengono e fanno male. Non c’è senso in tutto questo, non c’è modo di trovare un senso; solo l’Amore di una moglie verso il marito può aiutare a vivere una melodia ormai cantilena.

Secondo Classificato: "Kawah Ijen – Inferno": Paolo Mittica

A sud dell’isola di Java esiste un vulcano chiamato Ijen. All’interno del suo cratere, occupato quasi per intero da un lago sulfureo di un verde innaturale, negli anni sessanta i primi minatori piantarono dei tubi di metallo nelle viscere del vulcano per estrarre lo zolfo.

Da allora ogni giorno i minatori partono dal campo base situato ai piedi del vulcano e, dopo tre chilometri di arrampicata per arrivare in cima alla montagna, discendono le pareti del cratere, lungo un ripido sentiero descritto solo dalla loro immaginazione.
Arrivati in fondo al cratere, con una lancia di metallo combattono contro il vulcano per estrarre il suo sangue. Spaccano le lastre di zolfo in condizioni estreme a temperature che superano i 200 gradi, immersi in fumi tossici. I gas sulfurei bruciano i loro polmoni, la pelle, gli occhi. Li senti tossire, arrancare in mezzo alla nube tossica. Finita l’estrazione i minatori si caricano sulle spalle dai 60 ai 100 chili di zolfo e risalgono a piedi il pendio del cratere per poi discendere, con due ore di cammino, fino al campo base. Questo per due volte al giorno, per sei euro al giorno. Uno stipendio che gli permette a mala pena di sopravvivere. La loro aspettativa di vita è di 50 anni. “Lavoriamo all’inferno” dice uno dei minatori “i nostri occhi e polmoni bruciano tutto il giorno, ma non c’è niente che possiamo fare, senza questo lavoro non possiamo mangiare”.

Terzo Classificato "Radio Haiti": Ilaria Di Biagio

Il terremoto che ha colpito Haiti il 12 gennaio 2010 è stato di enormi proporzioni, si parla di almeno 220.000 morti. Nei sei secondi della scossa un’intera città, Port au Prince, ha cambiato volto. Molti edifici dei mezzi d’informazione sono stati distrutti dal sisma e la radio è risultata essere lo strumento principe dell’informazione poiché necessita solo di un generatore elettrico per la trasmissione. Non è un caso che sia stata proprio la radio a tenere le redini delle notizie, in un paese in cui le emittenti radiofoniche sono state spesso simbolo di giornalismo libero, indipendenza politica e unico mezzo per accedere all’informazione per le comunità rurali e periferiche; nella sola capitale ne sono presenti una cinquantina, tra private, religiose e comunitarie. Un grande esempio di radio indipendente è stato quello di Radio Haiti Inter (diretta da Jean Dominique, assassinato a Port au Prince nel 2000), non solo per il modo di fare informazione ma anche perché utilizzò il creolo, la lingua parlata e capita da tutti gli haitiani. Dopo il terremoto almeno una decina di radio hanno cessato di trasmettere, altrettante hanno dovuto cambiare sede o ripristinare nel migliore dei modi i danni provocati; è il caso di due tra le radio più popolari: Radio Caraibes e Radio Kiskeya. Altre emittenti, come Radio Metropole, hanno ripreso a funzionare subito spostando i loro uffici all’aperto. Con ogni mezzo possibile le stazioni radiofoniche hanno cercato di andare in onda nonostante i molti problemi, consapevoli di quanto il loro lavoro fosse necessario per tenere informata la gente.